Inauguriamo la rubrica Yellow Cube con un artista emergente che negli ultimi anni ha vissuto a Venezia e ha partecipato alla residenza d’Artista della Fondazione Bevilacqua La Masa.
Lorenzo Commisso (Pordenone, Italia 1978) è un artista, musicista, fotografo, performer. Laureato all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 2006, ha proseguito gli studi presso l‘Università IUAV di Venezia con laurea nel corso di studi magistrale Arti Visive.
Ciao Lorenzo, per iniziare vorrei chiederti se c’è qualcosa, un concetto o un qualcosa che accomuna tutti i tuoi ultimi lavori.
Il mio è un pensiero strettamente concettuale e analitico, spesso portato all’estremo attraverso giochi linguistici. In passato mi sono soffermato molto sull’utilizzo di numeri come elementi estetici, che si allontanavo quindi dal significato che comunemente viene loro attribuito. I miei ultimi lavori invece, tentano di indagare il concetto di montaggio visto come un intervento che permette la relazione tra cose.
Come mai questa scelta?
Durante il mio ultimo periodo di studi allo IUAV ho avuto modo di studiare queste tematiche, anche attraverso conferenze e seminari tenuti da Philippe Alain Michaud e George Didi-Huberman, esperti di un pensiero analitico rispetto alla questione del montaggio.
Come descriveresti la tua ricerca?
Un “rumore bianco”, come l’ha definita Stefano Coletto di Fondazione Bevilacqua La Masa.
Abbiamo detto che sei un artista ma anche un fotografo, un musicista e un performer nei tuoi lavori come decidi quale tecnica utilizzare?
C’è sempre una forte commistione tra queste tecniche. Soprattutto a livello progettuale il mio pensiero coglie e unisce spesso vari metodi e regole presi dai media che utilizzo. Essere così multidisciplinare mi permette di poter testare quale pratica è la più consona e adatta per un certo tipo di ricerca e messaggio che voglio comunicare.
Com’è stata l’esperienza a Bevilacqua La Masa?
E’ stata un’esperienza molto utile, avendomi dato la possibilità di incontrare numerosi curatori e critici del panorama italiano e non. Inoltre mi ha permesso di vincere il Premio per la ceramica contemporanea indetto dal Museo Carlo Zauli e quindi di sperimentare una nuova tecnica di incisione discografica per creare un disco non vinile in ceramica. Fondamentale è stata anche la mostra all’interno della sede di Piazza San Marco, che mi ha permesso di mettere ordine ad un anno di lavoro e trovare il metodo espositivo che adotto ultimamente. Durante l’anno di residenza si è inoltre consolidato il progetto performativo COLORA , che sto sviluppando assieme a Rachele Burgato.
Come molti studenti fuori sede, ogni tanto tornavi al tuo luogo di origine, Passariano, a livello artistico ti senti legato al tuo paese?
A Passariano ho uno studio che mi permette di sviluppare e testare gli allestimenti delle mostre prima di portarle nello spazio espositivo in cui andranno presentate. Questo mi facilita inoltre nella possibilità di far vedere in anteprima i miei lavori a chi è interessato.
Quando ti sei sentito valorizzato per la prima volta come artista?
Quando ho avuto modo di condividere il palco con Amon Tobin durante un concerto in Austria.
Qual è stata la tua ultima esposizione?
L’ultima mostra è recentissima. Il 30 gennaio ho esposto il progetto COLORA alla Galleria Grefti di Umbertide (PG). Siamo riusciti a creare un allestimento che inglobasse anche la performance live media The Zebra Crossing. Una mostra che vuole innescare una riflessione su oggetti reali e fittizi, fatti in serie e riprodotti in pezzi unici. La mostra sarà visitabile fino al 27 febbraio.
in quale città ti piacerebbe vivere, anche in relazione alla tua arte?
Alle Hawaii! Dire New York sarebbe tropo scontato. Sono molto vicino, soprattutto per quanto riguarda la mia ricerca musicale, alle sonorità di quei luoghi, a cui mi rifaccio da parecchi anni.