Continua la nostra rubrica Yellow Cube con il secondo artista emergente originario del Friuli Venezia Giulia, Antonio Facca classe ’88 di San Vito al Tagliamento (PN).
Ciao Antonio, iniziamo capendo un po’ che tipo di artista sei. Abbiamo già anticipato nell’intervista di Lorenzo che sei un musicista ( se non avete letto l’intervista a Lorenzo Commisso la trovate qui ), ma tutti i tuoi lavori sono strettamente legati alla musica?
La musica, la cultura e l’estetica underground sono fondamentali perchè ho cominciato a esprimermi in questo ambiente. La sonorità e soprattutto l’attitudine noise, hardcore e punk sono un punto di riferimento, non può esserci separazione tra le due cose, ma nessuno dei miei lavori è strettamente legato alla musica se non a livello di ritmo e di tempo, di cambiamento.
Dalla mia ricerca artistica credo emerga la fragilità dell’individuo rispetto alla vita, la sua desolante condizione tra istantaneità ed eternità.
In Fingerspitzentanz per esempio, eseguo una rullata utilizzando un paio di bacchette di porcellana; è un’installazione/performance, che parla di preavvisi e di relazioni che, all’improvviso, cambiano.
Come descriveresti la tua ricerca artistica?
Un serpente che si mangia la coda ed un cane..che cerca di imitarlo.
Allo IUAV ti sei laureato in Arti Visive e dello spettacolo, durante questi anni sei stato anche ad Istanbul al Bilgi University, ti ha influenzato molto questo cambiamento?
Ahahah, chi ha detto che mi son laureato?!
Ho avuto la possibilità di confrontarmi con quasi tutti i docenti e gli artisti presenti allo IUAV, dopo degli anni la scelta di cambiare è venuta naturale.
Durante i sei mesi alla Bilgi ad Istanbul, ho frequentato corsi interessanti, alcuni anche molto tecnici ma il punto era sempre lo stesso, sono convinto che per fare arte servano buoni stimoli e Istanbul in questo senso è stata la città perfetta.
Com’è stato dopo aver studiato in Università del genere iniziare presso un Accademia importante come quella di Brera?
Ho deciso di iscrivermi all’Accademia di Brera per approcciarmi all’arte da un punto di vista più pratico, voglio imparare le tecniche di lavorazione delle pietre dure e dei metalli, a breve dovrei iniziare il laboratorio di fonderia, vediamo cosa ne viene fuori!
Come molti studenti fuori sede, ogni tanto tornavi a San Vito al Tagliamento, a livello artistico ti senti legato al tuo paese?
Tuttora torno spesso a Villotta di Chions, mia madre ricama e mio padre cura l’orto, quando entro in casa è come se venissi accolto in una dimensione parallela (con il rischio di farmi risucchiare); casa mia cambia in base alle stagioni, in inverno il salotto si trasforma in una foresta di piante grasse e di fiori che hanno bisogno di stare al caldo vicino alla stufa, in primavera invece si spostano in giardino, io più o meno seguo il loro ritmo.
La mia routine però è abbastanza frenetica, suono la batteria in un progetto nato da poco, Lupetto, quindi ne approfitto per fare prove; ovviamente poi, quando sono a Pordenone incontro i miei amici che ci vivono o che tornano e che come me hanno gli stessi interessi, soprattutto a livello musicale, la scena pordenonese continua ad essere movimentata.
Pensi che Pordenone e dintorni sia attiva artisticamente e ti piacerebbe esporci?
Pordenone sta vivendo una sorta di primavera artistico/culturale, sono nate numerose realtà interessanti (non solo musicali), forse gli spazi sono ancora pochi ma si sta risvegliando un fare artistico giovane che si muove nella giusta direzione.
L’anno scorso a Vallenoncello è nato Blank, un progetto di contaminazione artistica (che quest’anno si sposterà in un altro quartiere), è uno spazio in cui si sono alternate esposizioni e performance; ho partecipato ad un workshop tenuto dal collettivo pordenonese Lis Aganis al termine del quale abbiamo installato i nostri lavori nell’ex convento di San Francesco, un luogo evocativo e troppo poco utilizzato, devo dire che è stata una bella cornice al mio video, Base, in cui evoco dei luoghi particolari e poco frequentati di Pordenone. Mi è capitato più volte di esporre nelle mie zone, dovrei fare in modo che questo accada più spesso; a volte me ne dimentico.
Quando ti sei sentito valorizzato per la prima volta come artista?
Quando mi hanno applaudito per aver spento una sigaretta a terra.
Campo Sant’Aponal 17:06 06/06/2013
Qual è stata la tua ultima esposizione?
L’ultima mostra risale a quest’estate: L’art e viôt di plui – L’arte vede di più, seconda edizione del concorso ideato dall’associazione Colonos, a cura dell’artista Michele Bazzana e di Angelo Bertani. In questa occasione ho presentato Nome di cane, in cui un fascio di luce cerca imperterrito di spodestare un soffio di aria; il lavoro si pone da un lato di afferrare quella sottile linea che separa ciò che possiamo immaginare da ciò che possiamo anche percepire, e dall’altro cerca di evidenziare quel punto d’incontro, nato dal fallimento, in cui entrambe le energie convivono.
In quale città ti piacerebbe vivere, anche in relazione alla tua arte?
Al di là del fatto che mi sento a mio agio quando posso comunicare me stesso e che in ogni luogo continuo a sentirmi un po’ a disagio..credo sceglierei San Francisco, e se li non dovessi sentirmi abbastanza a mio agio cambierei, in fondo mi bastano le palme.