Udine cent’anni fa era conosciuta come la città della birra e del ghiaccio. Due colossi dell’epoca, Moretti e Dormisch, con gli stabilimenti a poche centinaia di metri di distanza, si contendevano il mercato e davano lavoro a centinaia di persone. E non è finita qui: in tutto il Friuli, alla fine dell’Ottocento, erano registrate ben cinque fabbriche per la produzione della bevanda. Se del marchio del “Baffone” tutto si sa e tutto è stato scritto, un po’ meno nota è la storia dei Dormisch.
Francesco Dormisch, capostipite e fondatore, di origine austriaca, nel 1881 avvia un piccolo stabilimento di birra a Resiutta sulle rive del torrente Resia. Una decina di anni dopo l’imprenditore apre in città la fabbrica a porta Villalta, dove ancora oggi c’è il grande scheletro bianco, sfruttando l’energia 10 “A due passi dal nostro futuro” del canale Ledra. I due concorrenti e rivali, Moretti e Dormisch, convivono (e fanno buoni affari) per decenni a Udine, superando le difficoltà di due guerre e la grande depressione degli anni Trenta. Ivo Cardinali, marchigiano d’origine, è stato direttore del birrificio dal 1961 al 1987, un anno prima della chiusura e ha vissuto quindi tutta la parabola discendente della storica ditta che ormai era entrata a far parte dell’orbita Peroni. L’ultima birra, nello stabilimento Dormisch, è stata imbottigliata nel 1988. Da allora il grande stabilimento bianco che si incunea tra le vie Micesio da una parte e Bassi dall’altra, a due passi dal centro, è dismesso. Archeologia industriale malridotta, visto che nel giugno 1999 un incendio ne devastò buona parte. In città ci sono numerosi siti “ex” qualcosa (Safau e Domenichelli i più noti) inutilizzati da decenni, ma l’ex Dormisch è quello che forse ha la storia meno conosciuta e l’impatto maggiore sul tessuto urbano di Udine: è lì, cattedrale nel deserto, tra il centro studi, porta Villalta e piazzale Cavedalis, tra abitazioni e uffici.
Susanna Cardinali figlia del dott. Ivo Cardinali è cresciuta nello splendido palazzo in testa alla fabbrica Dormisch, Villa Dormisch disegnata dall’arch. Ettore Gilberti. Per questo abbiamo deciso di chiederle un po’ di informazioni su com’era vivere in quel periodo in azienda, gentilissima ci ha presentato anche un altro dei “giovani Dormisch”, si tratta di Giuseppe (Pino) Barile figlio di Luciano Barile per più di 40 anni responsabile dell’imbottigliamento della Dormisch.
Com’è stato crescere in una realtà simile? Cosa si ricorda di quel periodo?
SUSANNA: sono arrivata a Udine che ero una bambina di 10 anni e tutto era diverso dalla realtà romana ma tutto in meglio, a cominciare dalla presenza in casa di mia madre che invece a Roma era impiegata in un ministero e che quindi vedevo poco. La casa era splendida anche se un po’ imponente rispetto ad un normale appartamento ed io avevo tanti spazi per me (potevo dipingere, giocare a ping pong,lo spazio non mancava) tant’è che la nostra casa (grazie alla disponibilità dei miei genitori e alla forte empatia di mia madre) ha visto passare in quasi 30 anni tutta Udine, che si trattasse di festini anni 60 (con tanto di luci psichedeliche), di cene in taverna (dov’è nata la sezione sommeliers di Udine, di cui mio padre era socio onorario), di ricevimenti e cene eleganti al piano nobile o di degustazioni in fabbrica con la birra non pastorizzata da spinare sul posto! A quella casa mancava solo uno spazio esterno vivibile, un giardino o un bel terrazzo. D’altronde la collocazione era già incuneata in una zona trafficata (venivo spesso svegliata da incidenti al semaforo di via Bassi) e poi spesso si diffondeva quel particolare odore di luppolo (quando c’erano le cosiddette “cotte” della birra) che per me era profumo di casa ma non per tutti gradevole. Era strano poi avere tante persone di servizio a nostra disposizione: autisti, operai che riparavano qualsiasi cosa, le donne di servizio (di cui una provetta sarta), l’ortolano (nella parte dei magazzini c’era un orto enorme). Mia madre proveniva da una famiglia di medici della buona borghesia romana ma è sempre stata una padrona di casa attenta e preparata perché diceva “se non si sanno fare le cose non si può dirigere il personale” e tutti amavano la sua modestia e simpatia. Ricordo poi, i primi anni, le donne che venivano a lavare i panni sulla roggia e purtroppo da quei lavatoi succedeva anche che qualcuna scivolasse…la “cascata” davanti a Porta Villalta (che ci forniva l’energia elettrica) ha purtroppo raccolto più di un corpo.
PINO: la mia realtà è stata un po’ diversa da quella di Susanna, mentre lei poteva godere di una villa splendida, io invece vivevo di fronte alla fabbrica, (dove ora hanno costruito il supermercato Coop) li c’erano gli alloggi di alcuni dipendenti e dietro agli alloggi c’era una zona ampissima destinata ai magazzini, principalmente contenenti le casse e le bottiglie vuote per la birra. Io ho avuto la fortuna anche di nascere proprio in quella abitazione e negli anni ho avuto tanti altri “fratelli e sorelle” che erano i figli dei colleghi di mio padre vicini di casa. Per noi bambini non era un problema inventarci i giochi in quanto avevamo degli spazi enormi in quell’enorme Cortile, che dopo l’orario di lavoro dei dipendenti Dormisch, diventava “nostro”!
SUSANNA: aggiungo che anch’io qualche volta frequentavo il cortile, lì ho imparato ad andare in bicicletta (grazie ad un operaio) e lì ho fatto scuola guida! Un post-scriptum che pochi sanno: sotto via Bassi esisteva (e penso esista tutt’ora) un passaggio che veniva utilizzato per il carico scarico tra la fabbrica e i magazzini.
Giuseppe (Pino) Barile, figlio di Luciano Barile per più di 40 anni responsabile dell’imbottigliamento della Dormisch, gioca nel cortile della Dormisch. Ringraziamo Giuseppe per la gentile concessione dell’immagine qui sopra.
Nel 1999 quando l’incendio attaccò una parte della fabbrica cosa ha pensato? Immagino che non vivesse già più lì ma comunque fa parte dei suoi ricordi.
SUSANNA: Ricordo che ero in Tribunale per motivi di lavoro e la Cancelliera (peraltro mia compagna di scuola delle Medie!) mi disse “Susanna sta bruciando la Dormisch”. Pensai subito alla casa devo dire e mi misi a piangere…poi sentii mio padre (che era accorso subito, per lui la fabbrica era una…malattia!) che mi ragguagliò sull’accaduto. Lui si era offerto di mettere in contatto la ditta che doveva smantellare con chi aveva seguito la costruzione dello stabilimento per chiarimenti sui materiali che avrebbero trovato ma vollero fare da soli…e quello fu il risultato.
PINO: Quella tragica mattina del 1999 ero nella zona sud di Udine, quando ho notato una lunga corte di fumo nero proveniente dalla zona della Dormisch…l’istinto mi ha portato senza accorgermi verso quel fumo che tutta la città vedeva! Purtroppo, quando mi resi conto che la fabbrica stava bruciando il mio pensiero è andato a mio padre che era in vacanza con mia madre in Sardegna e gli telefonai immediatamente dicendogli con il nodo alla gola che la fabbrica stava bruciando. Mio padre mi disse solo una parola: nooooooo!!! Sentii poi solo un singhiozzio ed un ciao da parte sua!
Fotografia dell’Incendio della Dormisch nel 1999, Messaggero Veneto
Quando passa ora davanti a Villa Dormisch e allo stabilimento quale sentimento prova?
SUSANNA: I primi anni, soprattutto dopo la morte di mio padre, cercavo di guardare altrove perché i ricordi mi facevano male oppure sbirciavo tra le finestre aperte per vedere cosa ci fosse dentro. Ho cambiato casa molte volte nella mia vita ma a Villa Dormisch ho trascorso senz’altro il periodo più bello e spensierato. Poi nel 2014 chiesi all’avv. Masotti (attuale proprietario) di poterla visitare: l’occasione fu quella di una mostra su Alberto Calligaris (lavoravo ai Civici Musei) e la conservatrice dott. Tiziana Ribezzi sapeva che nella casa avremmo trovato alcune sue opere (in primis il maestoso scalone in ferro battuto). Fui molto contenta di constatare che la casa era stata rispettata nelle sue parti più belle (gli archi scorrevoli in legno instoriato, i vetri colorati a rombi piombati della vetreria Ciani, le maniglie in ottone e appunto i lavori del Calligaris). Ora la casa la guardo con più serenità ma il degrado della fabbrica è davvero triste!
PINO: Ci passo spesso davanti alla fabbrica ed ogni volta per me è un tuffo nel passato…ricordi bellissimi e meno belli, però ricordi della mia fanciullezza, come ad esempio quando andavamo con la scuola a visitare la fabbrica ed io orgoglioso presentavo alla mia maestra e compagni, il mio papà!!! Alla fine dopo le visite allo stabilimento per mezzo del direttore dott. Cardinali, trovavamo uno spuntino (senza birra però) come “arrivederci”!!! Il mio sentimento principale però quando ci passo davanti è di grande tristezza, in quanto davanti agli occhi ho l’immagine dell’incendio della fabbrica ma soprattutto di quel momento in cui la casa dove io ero nato, stava venendo abbattuta dalle ruspe, per la futura costruzione della Coop … solo io so quante lacrime mi sono scese dal quel viso di uomo maturo, che in un istante vedeva svanire la sua infanzia e fanciullezza!
Fotografia aerea della Fabbrica Dormisch nel periodo della gestione del dott. Ivo Cardinali, si ringrazia per la concessione la dott.ssa Susanna Cardinali
Com’è cambiata secondo lei Udine dal periodo Dormisch, Moretti ecc. ad oggi?
Susanna: Udine è totalmente diversa rispetto a quegli anni e purtroppo non in meglio. Era una città viva, culturalmente e commercialmente, punto di riferimento della provincia (che ora gravita sui centri commerciali). Vantava negozi splendidi (amiche venivano a far spese da Trieste, per non parlare degli austriaci), tanti cinema, tante iniziative e in molte erano coinvolte proprio le più grosse realtà industriali che si facevano promotori e sponsor di eventi sportivi e culturali e di locali come i Piombi (per la Dormisch) o il Sans Souci di Grado (per la Moretti). Tra i due marchi poi c’era si rivalità ma una rivalità “casalinga” perché entrambe lavoravano per il territorio e con il territorio.
Ora tutto si è spersonalizzato perché l’ago della bilancia è la Regione quando non addirittura il territorio nazionale e la vita della provincia si è impoverita.
Mi ricordo poi che in fabbrica si erano creati tra i dipendenti dei gruppi di pescatori, donatori di sangue, calciatori…e tutto serviva a ritrovarsi intorno ad una tavola imbandita come una grande famiglia! Cose oggi impensabili.
Ringraziamo Zagara società agricola per la disponibilità nel fotografare le casse ritrovate dell’azienda Dormisch