“La memoria è fragile e il corso di una vita è molto breve e tutto avviene così in fretta che non riusciamo a vedere il rapporto tra gli eventi, non possiamo misurare le conseguenze delle azioni, crediamo nella finzione del tempo, nel presente, nel passato, nel futuro”.
L’8 marzo al Teatro Nuovo Giovanni da Udine è andato in scena lo spettacolo “La casa degli spiriti”, trasposizione teatrale dell’omonimo capolavoro di Isabel Allende.
Nonostante abbiano un credo politico l’uno diverso dall’altra, Esteban e Alba cercano di comprendere la ratio sottesa all’odio che ha diviso il loro paese: soltanto capendo il nostro passato sarà finalmente possibile superare la sofferenza e celebrare la vita.
La vita, insieme alla famiglia e al perdono, sono i tre temi su cui verte l’intera vicenda dei Trueba, rendendo “La casa degli spiriti” un affresco privato e pubblico sulla drammatica dittatura di Pinochet che ha stravolto il Cile e intere generazioni.
Diviso in tre atti, ha una durata complessiva di tre ore e mezza, una lunghezza impegnativa -probabilmente eccessiva- che cattura l’attenzione del pubblico grazie al ritmo serrato degli episodi e alle sapienti scelte della regia: la scena è divisa idealmente in due segmenti temporali, quello della narrazione e quello del ricordo, dove si alternano i protagonisti di tre differenti generazioni che ripercorrono il loro vissuto fatto di scelte, compromessi, rimpianti.
Gli spiriti dei vari personaggi evocati dal nonno e dalla nipote (il primo, capostipite della ricca famiglia Trueba, ormai anziano e immobilizzato su una sedia a rotelle dopo aver contribuito a creare i golpisti cileni, la seconda invece, vittima carnefice degli abusi perpetrati da questi ultimi) prendono vita dinanzi la platea grazie all’espediente dello “slow theatre” dove gli attori, tratteggiando le varie sfaccettature dell’essere umano, si confondono con il pubblico, garantendo ad esso massimo coinvolgimento emotivo.
Le due registe -l’italiana Claudia Della Seta e l’uruguayana Nili Agassi, entrambe immigrate in Israele- scelsero di portare in scena un testo sudamericano per trasmettere al pubblico locale parte della propria cultura latina e trovarono nel Teatro Arabo-Ebraico di Jaffa la zona franca dove poter concretizzare il loro progetto: nel suo spazio creativo e culturale infatti, convivono e collaborano due compagnie, una araba e una israeliana.
Tuttavia, a causa della seconda Intifada, i giovani protagonisti della piece teatrale furono costretti ad abbandonare temporaneamente la recitazione per imbracciare le armi, motivo per cui il debutto avvenne solamente tre anni dopo, l’11 settembre 2003 al festival Enzimi di Roma, per commemorare l’anniversario di Ground Zero e il Golpe Cileno.
I protagonisti arabi, israeliani ed ebrei, si unirono agli attori italiani e il cast in questi anni è sostanzialmente immutato.
Riproporre questo spettacolo a distanza di anni è un tentativo di superare il trauma di un paese spaccato in due, una dichiarazione di intenti nonché un monito per celebrare l’unione, arginando l’odio e la violenza, grazie al teatro inteso come luogo di riflessione e anello di congiunzione tra mondi apparentemente distanti.
Portato in scena l’8 marzo nella giornata in cui si celebrano le donne, la compagnia italiana Afrodita -il cui nome è un omaggio ad un’altra opera della Allende- da sempre si contraddistingue per tratteggiare una donna fuori dagli stereotipi e di cui “La casa degli spiriti” si fa portavoce come celebrazione della capacità di rinascita e della resilienza che spesso caratterizza le donne.
Prossimi eventi al Teantro Nuovo Giovanni da Udine
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