Pensavo che durante un’opera lirica non si potesse ridere, eppure con il dramma giocoso “Così fan tutte (o sia la scuola degli amanti)”, andato in scena al Giovanni da Udine il 5 maggio, mi sono dovuto ricredere.
L’opera fu scritta dal librettista Lorenzo da Ponte con le musiche del genio di Salisburgo Wolfgang Amadeus Mozart ed è stata diretta da Giorgio Ferrara e dal maestro concertatore Oleg Caetani.
Accordi solenni in overture. Si apre il sipario. La scena si finge in Napoli dove due giovani ufficiali, Guglielmo (Giuseppe Esposito) e Ferrando (Giovanni Sebastiano Sala), seduti a un tavolo elogiano le doti e la fedeltà delle loro amanti e promesse spose, le sorelle Fiordiligi (Karen Gardeazabal) e Dorabella (Chiara Tirotta). Il filosofo Don Alfonso (Abramo Rosalen), che ascolta il panegirico, non ci crede, ma sostiene anzi che appena ne hanno l’occasione le donne tradiscono la loro fedeltà, proprio perché “così fan tutte”.
Per sostenere la propria tesi, qui la musica segue una cadenza enfatica, Don Alfonso scommette sul tradimento delle due amanti e i due giovani accettano la scommessa. Il primo banco di prova per accertarsi dell’amore delle due sorelle consiste nel fingere una fittizia chiamata alle armi, sostenuta con tanto di arie da opera eroica. Le due fanciulle alla vista della partenza di Guglielmo e Ferrando si disperano e così questi ultimi si rassicurano della loro fedeltà, ma il filosofo orchestra un’altra farsa: i due giovani ora devono travestirsi da principi albanesi e sedurre le due giovani dame. Inoltre, grazie ad un regalo, Don Alfonso si assicura la collaborazione della domestica delle due sorelle: la cinica Despina (Giulia Della Peruta), annunciata da ritmi composti ternari veloci (funzionali per esprimere il suo carattere disincantato). Ecco far capolino, nella casa delle due sorelle, scarpe “à la poulaine” e copricapi di seta arrotolata e imbottita “à truffaux bourrelets”: sono arrivati i due corteggiatori albanesi. Questi si mostrano subito esuberanti e passionali, tentando addirittura un approccio impetuoso ed avventato. Inizialmente le due signorine si rivoltano al corteggiamento spregiudicato, ma dopo le esortazioni di Despina e di Don Alfonso, Dorabella inizia a cedere e, il suo cedimento, non si avverte già dalle parole di lei, ma dal dialogo tra il clarinetto (simbolo del vero amore) e del corno concertante (simbolo del desiderio). Così Dorabella si concede a Guglielmo, mentre Fiordaligi si lascia sedurre da Ferrando. Terminato il certame d’amore, si preannunciano perfino le nozze per le coppie scambiate, ma l’intervento di Don Alfonso pone fine alla farsa, da cui si evince che in fin dei conti egli aveva ragione: “così fan tutte”.
Questa è la tesi che, a parole, viene comprovata, ma la musica di Mozart, invece, oltrepassa il significato delle parole, superando la misoginia del Settecento e dell’Ottocento, approdando a una visione più attuale e pertinente: non solo le donne sono passionali e avventate, ma anche gli uomini si lasciano abbandonare al desiderio. Questo messaggio tuttavia non passa attraverso la codificazione verbale, bensì attraverso la codificazione sonora.
L’orchestra quindi ha un ruolo complementare allo svolgimento della narrazione sul palco, come le voci dei personaggi: le due coppie inizialmente non sono armoniche perché Guglielmo, il baritono, è legato a Fiordaligi, il soprano, mentre Ferrando, il tenore, è legato a Dorabella, il mezzosoprano. Questa combinazione si armonizzerà quando ci sarà lo scambio di coppie: il baritono col mezzosoprano e il tenore con il soprano. Questa armonia si realizza perché le giovani coppie, in questa struttura a “scatole cinesi” , dove il livello di consapevolezza della farsa scende fino a Fiordaligi e Dorabella, trovano loro stessi, le loro vere inclinazioni e conoscono le proprie passioni. Un’altra importante funzione che ricoprono le voci è la caratterizzazione dei personaggi: se lo scambio di battute è serrato, non avviene l’individualizzazione di questi. Tale condizione si è verificata all’inizio, quando cioè le due sorelle e i due ufficiali sono ancora inesperti e immaturi, dunque non ancora completamente caratterizzati. Successivamente, con lo scambio di coppie, il dialogo marcherà invece la sintonia erotica e la corrispondenza amorosa.
La comprensione e l’apprezzamento dell’opera lirica non sarebbe stata tale senza l’intervento del saggista e storico della musica Gianni Ruffin che, alla conferenza dal titolo “Da così fan tutte a Così fan tutti”, tenutasi il 2 maggio nel foyer del Teatro Nuovo, ha offerto una chiave interpretativa fondamentale per la comprensione e l’apprezzamento dell’opera.
Ammetto che inizialmente sono stato indotto ad assistere all’opera lirica, perché la scenografia “era bella”. Invece dal vivo la scenografia era stupenda. Dunque anche un pretesto idiota come il mio è comunque una buona ragione per parteciparvi, dato che in un’opera lirica, come in uno spettacolo in prosa, sono ammesse tutte le emozioni e, se qualcuno ride e si diverte durante una rappresentazione non è perché, come potrebbe capitare, non sta capendo nulla oppure ha frainteso una battuta, ma è proprio l’intenzione del librettista e del compositore di suscitare ilarità. Inoltre un’opera lirica permette di affinare i sensi: toglie il primato sensoriale allo sguardo, per cedere il posto all’ascolto.
Recensione di Gabriele Duria