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Luigi Viola ha esposto nel tredicesimo capitolo della mostra itinerante La Fine del Nuovo, inaugurata il 17 febbraio 2017 presso la casa degli Artisti Visivi croati HDLU al Meštrovićev paviljon di Zagabria.
Per questa tappa, intitolata Fakebook, ad accompagnare Luigi Viola, altri ventuno artisti: Annalisa Avon, Aurelio Andrighetto, Primož Bizjak, Maria Grazia Cantoni, Gino D’Ugo, Carlo Dell’Acqua, Matteo Fato, Igor Grubić, Silvia Hell, Sandro Mele + Luca Galofaro, Andrea Morucchio, Andrea Pertoldeo, Robert Pettena, Francesca Piovesan, Luca Scarabelli, Enrico Siardi, Daniela Spaletra, Saverio Tonoli, Goran Trbuljak, Enrico Vezzi e Emilio Fantin.

Constraint Magazine ha intervistato l’artista Luigi Viola:

 

Che cos’è per lei “la fine del nuovo”?

La fine del nuovo è la presa d’atto, come sostiene anche Raffaele Simongini nel suo “L’arte ama nascondersi”, che viviamo in un’epoca di estetizzazione generale della cultura, non solo artistica, ma politica, economica, sociale dove in luogo dell’opera intesa come espressione di una inedita ed inesauribile condensazione di senso, assume importanza l’immagine esteriore dell’evento mediale in cui si risolve il prodotto artistico, il suo packaging e i dispositivi della comunicazione, che insieme costruiscono il nuovo valore dell’opera, di per sé privata della propria specificità, ridotta semplicemente ad un simulacro di se stessa, entro un processo di derealizzazione del mondo nella sua interezza che abolisce ogni differenza tra realtà e finzione, tra vita e arte.
In un certo senso il sogno avanguardista dell’unità di arte e vita è reso possibile proprio dall’annullamento di ogni confine disciplinare e dalla diffusione dell’esteticità in tutti gli ambiti e gli anfratti dell’esperienza umana, al punto di restituirci alla fine un panorama talmente omogeneo da apparire del tutto anestetico.
La caduta di tensione implicata nel processo di negazione di uno specifico valore dell’arte, ridotta a una delle tante possibili esperienze estetiche e la perdita della relazione tra estetica ed etica che aveva influenzato il pensiero creativo delle avanguardie e neoavanguardie, produce in ultima analisi una perdita di sensibilità nei confronti dell’arte stessa e l’impressione che tutto sia già stato visto, che nulla di nuovo si presenti più alla luce del sole, che il nuovo insomma sia un concetto superato e tutto sommato inutile.
L’innovazione è diventata dapprima variante poi ripetizione, riallacciando in questo modo attraverso la pratica della citazione costante un apparente rapporto con la storia che le avanguardie del moderno avevano inteso invece spezzare, attraverso l’assunzione del principio di discontinuità, in analogia con i procedimenti della scienza. Ma non dobbiamo illuderci. Ancora una volta non è messa in gioco la storia, ma il suo simulacro, la sua immagine virtuale, con il risultato di istituire un gioco di simulazioni.
Le tecnologie e i media hanno avuto un grande ruolo in questa trasformazione, in questo processo di riposizionamento dell’arte all’interno dei nuovi sistemi relazionali, caratterizzati principalmente dall’uso di social media, i quali generano l’illusione della libertà piuttosto che la consapevolezza del loro compito di controllo sociale attraverso appositi algoritmi e dove prevale la frammentarietà e la precarietà dell’esperienza vissuta qui ed ora, senza capacità di suscitare un’idea del futuro, senza invenzione, senza prospettiva, pressata interamente su un presente nichilisticamente ripiegato su se stesso. E questo lo vediamo ancor meglio che nell’arte, attraverso l’osservazione della politica nella sua progressiva disumanizzazione ed incapacità di parlarci, a fronte di un generale asservimento ai grandi poteri finanziari concentrati nelle mani di pochissime persone al mondo.

 

Luigi Viola. Public and secret diary. video b/n, sonoro. durata 20 min. 1975 Courtesy dell’artista. Prodotto da C.A.V. Venezia

Luigi Viola. Public and secret diary. video b/n, sonoro. durata 20 min. 1975 Courtesy dell’artista. Prodotto da C.A.V. Venezia

 

Come descriverebbe la sua ricerca artistica in breve?

La mia ricerca artistica muove da un interesse verso alcune questioni o temi caratterizzanti, affrontati infatti fin dalle primissime opere degli anni 70: l’identità, il tempo, la memoria, la parola, il viaggio.
I miei 47 anni di lavoro sono tutti in queste poche parole che producono un unico disegno, dalle esperienze concettuali del 70 ad oggi, usando mezzi molteplici, dalla fotografia, alla scrittura, alla performance, alla pittura, al video, ai materiali industriali, alle tecnologie avanzate dell’era del computer. Credo di poter dire che le mie opere hanno sempre mantenuto una forte ispirazione poetica e filosofica sicché questa relazione si costituisce come elemento centrale di tutto il mio percorso.

 

Descriva cos’è per lei l’arte in una frase. E in due frasi?

L’arte, se autenticamente professata, non può che continuare a rimanere ricerca di senso, anche quando la parola sembra aver perso del tutto il proprio significato o la relazione con il reale.


Sostituisci a “senso” il termine “umanità” e avrai una seconda possibilità di definire l’oggetto dell’arte. L’arte è semplicemente una prova di esistenza dell’umanità.

 

Luigi Viola. Temporidentitàs. Performance e video b/n, sonoro, durata 10 min. 1977. Courtesy dell’artista. Prodotto da Videotapes del Cavallino, Venezia

Luigi Viola. Temporidentitàs. Performance e video b/n, sonoro, durata 10 min. 1977. Courtesy dell’artista. Prodotto da Videotapes del Cavallino, Venezia

 

Su cosa sta lavorando ora? Quale sarà la sua prossima esposizione?

La mia prossima esposizione personale sarà inaugurata a Monaco di Baviera il 21 giugno prossimo alla Galerie Freiraum16, con il titolo Verlorene Erinnerungen, Memorie perdute.
Come ho detto il tema della memoria mi è particolarmente caro, sia quando ha riguardato la narrazione lirica di certi momenti intimi della mia vita privata, come nei lavori di narrative art tra gli anni 70 e 80, sia quando ha toccato il dramma collettivo della Storia incarnato dalla Shoah, dagli anni 90 ad oggi, sia che possa essere riferito, come in questo caso, al tema della perdita della memoria fisica, della corruttibilità dell’immagine virtuale, della fragilità della tecnologia, che appare potente ma può rovinare all’improvviso in un errore fatale.

Il “dramma” della perdita di dati della memoria virtuale consente un parallelo con la ben più vera sciagura scatenata dalla malattia e dai processi che aggrediscono e distruggono la nostra memoria biologica. La patologia umana può essere paragonata per certi versi ad un errore interno del codice, ad un bug come quello che distrugge o modifica la memoria virtuale.
Oltre a ciò ho voluto evidenziare in tutti i lavori la presenza dell’acqua, come una metafora con molti significati. La fluidità dell’acqua ricorda lo scorrere senza tregua del tempo e allo stesso momento produce un’eco dell’origine, sia dell’uomo che del mondo.
Per questo presenterò anche alcune immagini “malate” di Venezia, emblema di un modo unico di abitare sull’acqua, evidenziando come anche questa straordinaria bellezza, che normalmente tendiamo a pensare come intangibile, possa essere aggredita e distrutta.

 

Chi o cosa la ispira nel suo lavoro?

Mi ispirano l’invidia e l’ammirazione verso i grandi artisti del passato e del presente. L’invidia, se ben indirizzata, è una grande molla per la creatività, spingendo all’emulazione. L’ammirazione del resto, se male interpretata, può divenire assolutamente dannosa. Essa deve essere flusso continuo di energie e non semplice annichilimento estatico. In generale mi ispira la vita e la sua radicale relazione con la fine.

 

Qual’è stata l’esperienza più importante nel suo percorso artistico?

Sono state numerose le esperienze che hanno avuto notevole importanza nel mio percorso di artista, dall’incontro con la veneziana Galleria del Cavallino che ha rappresentato un tratto significativo di storia artistica del 900, all’insegnamento accademico a Brera e Venezia, che ha dato magnifici frutti se penso ai tanti giovani artisti che si sono formati a quella fucina, all’incontro con figure femminili che hanno ispirato interi cicli di lavoro.
Ma L’esperienza paradigmatica del mio viaggio di artista e di uomo è stato il progressivo avvicinamento ed abbracciamento dell’identità ebraica nel corso degli ultimi vent’anni e l’influenza avuta da tale processo sulla concezione stessa della vita e dell’arte.
Ringrazio ogni giorno HKBH di questo dono che mi ha portato ad acuire la vista e l’udito quanto mai prima, dando una ragione universale e un orientamento consapevole al mio sforzo creativo, riassumibile nell’etica del Tiqqun Olam (riparazione del mondo).

 

 

Luigi Viola
Nato a Feltre nel 1949, docente di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e poi a Venezia. La ricerca di Viola fin dai primi anni ’70, si muove in un complesso rapporto fra parola e immagine, sondando di entrambe non solo gli aspetti concettuali, vicina in questo alle esperienze analitiche di quegli anni, ma soprattutto la loro capacità evocativa, legata ad un ripensamento dell’esperienza individuale che viene nuovamente aperta alla sfera della memoria e alla riflessione sulla temporalità. Molteplici sono stati i media a cui è ricorso Viola: dalla poesia (nei suoi aspetti visivi e sonori) alla performance, dal video alla installazione multimediale, dalla pittura alla elaborazione fotografica dell’immagine. Diverse e qualificate le sue partecipazioni ad importanti rassegne nazionali ed internazionali, così come va ricordato l’intenso rapporto con la galleria Del Cavallino di Paolo e Gabriella Cardazzo, con la quale Viola ha prodotto alcuni dei lavori video che costituiscono delle pietre miliari della ricerca artistica in Italia. Negli ultimi anni, Viola si è concentrato in particolare sugli aspetti della multimedialità e dell’utilizzo delle nuove tecnologie.

La Fine del Nuovo cap. XIII
HDLU – Meštrovićev paviljon, Zagreb
Dal 17.02.2017 al 12.03.2017

La Fine del Nuovo cap. XIV
Vitta di Toppo Florio, Buttrio (UD)
Dal 01.04.2017 al 01.05.2017