In un’intervista rilasciata per il New York Times nel 2014, lo scrittore John Le Carrè nel lodare il talento dell’attore Philip Seymour Hoffman, dichiarava senza mezzi termini:
“We shall wait a long time for another Philip – “Aspetteremo a lungo per un altro Philip”.
Un elogio che riassumeva perfettamente lo straordinario talento dell’attore americano, scomparso a soli 47 anni nel 2014. Sebbene il suo ineguagliabile talento lo accrediti come uno tra i più grandi attori americani del XXI secolo, Philip Seymour Hoffman è entrato nell’immaginario collettivo come l’antidivo per eccellenza, fortemente avverso alla mondanità hollywoodiana e lontano anni luce dai rotocalchi scandalistici. Un attore anti-hollywoodiano, dunque, che si vede comunque attribuito – proprio in virtù del successo planetario- l’appellativo di divo.
Ed è proprio sulla dicotomia divo-antidivo che si sofferma il testo scritto dal drammaturgo argentino Rafael Spregelburd, portato magistralmente in scena per la prima volta in Italia e proposto come novità assoluta per l’Italia da Teatro Contatto Sabato 17 marzo al Teatro Palamostre, dal collettivo belga Transquinquennal, formazione multidisciplinare già molto affermata e conosciuta in Belgio.
Un’opera teatrale che prende in prestito il nome dell’attore americano; non uno spettacolo biografico, quindi, quanto piuttosto una pièce teatrale in grado di far riflettere su alcuni complessi temi identitari: Quale è il confine fra percezione della realtà e realtà stessa? Quanto siamo capaci di accettarci? Cosa significa davvero essere sé stessi?
Assistiamo sempre di più alla spasmodica ricerca della fama mediatica, in cui più che mai il confine fra personalità e immagine è labile e in cui l’idolatria e l’ammirazione sconfinata verso chi reputiamo “i nostri idoli” pone incertezze sempre più crescenti su chi siamo veramente e su chi, invece, vogliamo essere. Sapientemente il Collectif Transquinquennal cerca di rispondere a questi dilemmi della contemporaneità attraverso tre storie parallele, vicende che si coniugano perfettamente con la parabola umana e professionale dell’attore americano, con l’illusione della personalità e l’inganno dell’identità.
La prima vicenda ha come protagonista un attore belga, Stephàn Olivier che – una volta presentatosi a un’audizione a Bruxelles- vista la stretta somiglianza con Philip Seymour Hoffman ,viene ripetutamente scambiato dai presenti per il vero attore americano. La profonda somiglianza con Hoffman porta la stessa moglie, già convinta a chiederne il divorzio, a non riconoscerlo più e a chiamarlo più volte Philip. Una prima narrazione studiata a pennello, insomma, per scavare nei profondi meandri del Sé di Stephàn Olivier tanto da portare lui stesso a dubitare della propria identità!
A ciò si susseguono parallelamente due racconti: il primo è quello di un attore giapponese “perseguitato” dalla devozione maniacale di una giovanissima fan; ed il secondo, invece, il cui protagonista è il “vero” Philip Seymour Hoffman, abilmente convinto da dei truffatori a fingersi morto col fine preciso di vendere il proprio ologramma 3d all’ l’industria cinematografica e fuggire, in un secondo momento, col “bottino” dell’assicurazione.
Colpisce una scenografia multimediale intelligentemente studiata, resa originale grazie all’ausilio di apparecchiature cinematografiche –cineprese, videowall, greenscreen– che proiettano le narrazioni in un mondo massmediale in cui risulta difficile distinguere la virtualità dalla tangibilità, il vero dal falso. Una rappresentazione perfettamente attualizzata, specchio di una realtà contemporanea in cui la potenza preponderante della tecnologia, dei mass media, del Web 4.0 sembra mettere in discussione perfino alcune delle certezze più profonde come, per l’appunto, la nostra identità, il nostro stare al mondo.
In una tempesta di neve, lo spettacolo Philip Seymour Hoffman, par exemple volge al termine accompagnato da con uno scroscio continuo e ripetuto di applausi. Ma la serata a teatro non è terminata: alle 23.00, il foyer del Teatro si è tinto di blu ospitando BLU BOX AFTER CONTATTO, il primo after-show party organizzato da Constraint Magazine Udine, con il contributo e sostegno di CSS Teatro di innovazione del Friuli Venezia Giulia. Ritmi travolgenti e dissacranti quelli dei djs Savoy-Hard che, fra brani storici della musica italo disco, melodie dance ed elettro-funk hanno entusiasmato e divertito chiunque.
Per approfondire l’articolo di John Le Carrè:
Staring at the Flame
John le Carré on Philip Seymour Hoffman