Ecco un breve resoconto dello spettacolo “Il Canto della Caduta” di e con Marta Cuscunà del 25 ottobre 2018.
Archetipi di femminismo
Per questo spettacolo è nata una grande aspettativa, soprattutto grazie al successo riscosso in precedenza con È bello vivere liberi!, La semplicità ingannata e Sorry, Boys, diventati noti come La Trilogia delle Resistenze Femminili. In questi spettacoli Marta Cuscunà ha ripercorso tre storie emblematiche di giovani donne oppresse da una società patriarcale, usando sempre in modo sorprendente pupazzi creati appositamente per conferire capacità espressive realistiche ai personaggi. Nella Trilogia le protagoniste sono esempi di come reagire all’oppressione sociale e di genere, sono archetipi del femminismo. Per esempio, È bello vivere liberi! racconta la storia di Ondina Peteani, la prima staffetta partigiana (ruolo fondamentale nella Resistenza, che permetteva la comunicazione tra formazioni e il conferimento di beni di ogni genere).
Il Canto della Caduta
Il Canto della Caduta si stacca dalla trilogia e, invece di rappresentare un esempio di resistenza, porta in scena il risultato di una ricerca di archeomitologia comparata (sul mito dei Fanes), cercando di rispondere ad una domanda: è possibile un mondo senza conflitti interni alla società, tra maschi e femmine? È mai esistito un momento storico in cui la società sia stata paritaria, mutuale e non basata sulla sottomissione?
La chiave di lettura
Questa è la chiave di lettura che probabilmente mancherà allo spettatore che non si è preparato a casa e che non si fermerà all’incontro con l’attrice, dopo lo spettacolo. La “caduta” di cui parla il titolo viene “cantata” per dimostrare che è esistito un momento in cui la società matrilineare garantiva la pace e rifiutava la guerra. Perchè raccontare la sua caduta? Per esaltare la sua esistenza e il dolore provato al suo termine per mano dei popoli patriarcali portatori di guerra e sofferenza. Il mito che ispira lo spettacolo è quello dei Fanes, un antico popolo delle Dolomiti, legato alla natura, alleato delle marmotte, intese come animale totemico, che, un giorno, incontra la sua violenta fine per mano dei popoli confinanti portatori di guerre.
I corvi
Sul palco si alternano tre diversi livelli di narrazione con cui l’attrice è stata in grado di conferire tre diverse cariche emotive al racconto. I primi a muoversi e a parlare sono il gruppo di corvi, schierati sin da subito dalla parte della guerra, fonte di carogne e di nutrimento, sperano che gli esseri umani si dimentichino di essere riusciti a coesistere pacificamente tra di loro. I quattro corvi, manovrati da Marta Cuscunà con quattro joystick finemente calibrati, sono i telecronisti sportivi sul campo di battaglia. Prima della “partita” ci aggiornano sullo stato dei popoli (le squadre) e durante la battaglia descrivono le loro azioni. L’aspetto delle marionette-corvo non è rifinito, nella loro realizzazione non è stato cercato il realismo, tuttavia la loro cinematica e le loro espressioni sono convincenti e ricreano davanti agli occhi dello spettatore quattro personaggi cartooneschi a cui viene affidato anche il comic relief dello spettacolo.
I bambini
Sotto i corvi, uno schermo televisivo mostra pareti rocciose di montagne e, sotto lo schermo, due bambini, con le teste coperte da dei volti di topo. Questi sono i bambini, dall’aspetto ispirato dalle opere del duo di street artist Herakut, che sono stati nascosti nelle montagne, affidati alle marmotte, per poter garantire una continuazione del popolo dei Fanes, ormai coinvolto nella guerra. Sono la speranza di rinascita e a loro è affidato il ricordo dei tempi di pace. Devono rimanere nascosti nelle grotte delle montagne e per ricordare si raccontano tra di loro gli eventi della caduta del loro popolo, un espediente narrativo che ci permette di conoscere eventi precedenti a quelli di cui i corvi ci hanno narrato fino a quel momento.
Lo schermo
L’ultimo degli espedienti narrativi è lo schermo su cui vengono riportati i dialoghi tra i protagonisti umani della storia che non possono essere raccontati dai bambini o dai corvi. Gli schermi hanno il compito di sconvolgere visivamente il pubblico, riproducento luci stroboscopiche e accecando (rendendo purtroppo meno accessibilie lo spettacolo) alternati ai testi dei dialoghi dei personaggi.
Il risultato finale dello spettacolo è molto forte, sconvolgente. Ognuna delle tre narrazioni tocca profondamente e in modo diverso, rispettivamente con l’umorismo, con la tenerezza e con le luci violente pur lasciando una notevole autonomia interpretativa allo spettatore. Lo stupire con immagini violente tipico dei telegiornali e dei film splatter viene superato da una narrazione vivida che si serve di figure scarne e movimenti “vivi”.
Prossime date:
30 novembre 2018
Gorizia, Teatro Verdi
8, 11 gennaio 2019 ore 19.30
9, 10, 12 gennaio 2019 ore 21
13 gennaio 2019 ore 17
Trieste, Il Rossetti
17 gennaio 2019 ore 20.45
Sedegliano (UD), Teatro Plinio Clabassi
25 gennaio 2019 ore 20.45
Artegna (UD), Teatro Mons. Lavaroni
29 gennaio 2019
Rubiera (RE), Teatro Herberia
15-16 febbraio 2019 ore 21
Lisbona, São Luiz Teatro Municipal
27 febbraio 2019 ore 20.30
Gries (BZ), Teatro Comunale
12 marzo 2019 ore 21
13 marzo 2019 matinée
Bologna, Arena del Sole, Sala Leo de Berardinis
19-24 marzo 2019
Torino, Teatro Gobetti
28 marzo 2019
Rassegna Materia Prima
Firenze, Teatro Cantiere Florida
4 aprile 2019
Cervignano (UD), Teatro Pasolini