Ecco che l’arte non deve più essere bella ma deve interrogare, porre dei dubbi, rappresentare sensazioni. Riprendiamo a seguire quello che è stato il percorso dell’arte, da pura rappresentazione del bello sino al raggiungimento del Concetto.
Uno degli artisti cardine che si identifica in questo cambiamento è sicuramente Marcel Duchamp, precursore dell’Arte Concettuale. Le sue opere più famose, definite Ready-made, non sono altro che la decontestualizzazione di un oggetto e la sua ricollocazione, con la privazione della sua funzionalità. In questo modo vengono messi in crisi sia il concetto tradizionale di opera d’arte che il concetto di oggetto ordinario e della sua funzionalità pratica. Il primo Ready-made che Duchamp crea è Roue De Bicyclette nel 1913. Incastra tra di loro una ruota di bicicletta e uno sgabello dando vita ad un oggetto nuovo che annulla la funzione dei suoi componenti e li fonde in un’opera d’arte. Questo lavoro anticipa il gusto provocatorio del Dadaismo e apre agli artisti un’ampia gamma di possibilità espressive.
« elevato allo status di arte […]», per Thierry De Duve è un oggetto industriale privo di connessioni con la tradizione artigianale rifunzionalizzato come “puro Simbolo”»
Richiamando ancora il padre del Concettuale, con la sua idea di acquistare un comune orinatoio, capovolgerlo e firmarlo e datarlo R. Mutt 1917 e collocarlo dentro un contesto espositivo, ha decontestualizzato un oggetto e lo ha privato della sua funzione originaria, trasformandolo in un’opera d’arte. Il suo gesto ha dato origine a polemiche e ad attacchi sulla stampa. Duchamp, mirava anche a questo, e infatti, ha fatto fotografare l’opera da un artista, ha coinvolto critici e commentatori affinché ne scrivessero e ne parlassero fino a raggiungere il suo scopo di far riconoscere dal pubblico quell’oggetto come opera d’arte.
Per fare un altro esempio avviciniamoci all’Italia, chi non conosce Piero Manzoni e la Merda d’artista?
Realizzate in 90 esemplari sono un altro caso di scandalo dopo l’orinatoio duchampiano, sulla loro etichetta è indicato il peso del contenuto (30g netti) e il prezzo al grammo, equivalente a quello dell’oro. Ancora una volta il richiamo all’ironica provazione dadaista è lampante e siamo già nel 1961: un altro momento storico e un altro contesto, tuttavia, il filone artistico basato sul Concetto prosegue proseguirà attraverso il lavoro di numerosi artisti. Anche in questo caso si affronta il problema di una definizione arbitraria sia di valore estetico che espressivo dell’opera e ancora la questione estetica del rapporto tra forma e contenuto.
Marcel Duchamp ha deciso di fare a meno della mimesi, del realismo, della nobilitazione del vero o della sua riproduzione, abbandonando completamente l’idea di bellezza e ha cominciato a trascendere l’opera, intesa nella sua fisicità, qualsiasi sia il mezzo e il support (pittura o installazione o video o scultura) in virtù dell’idea che le sta dietro. Ecco che un’opera d’arte diventa idea e la sua rappresentazione fisica non è altro che il modo con cui l’artista sceglie di esprimere un concetto. Il pensiero, il messaggio finale, il gesto artistico hanno preso il posto dell’opera d’arte, in una progressiva riduzione dell’opera stessa a puro concetto, fino a punti di sintesi estremi.
E se tralasciassimo il concetto e ci soffermassimo su un altro punto fondamentale dell’Arte Contemporanea? Per esempio, sui materiali con cui viene realizzata un’opera d’arte? Se non ci limitassimo ad usare solo i classici pennelli su una base di tela o legno piuttosto che gli usuali materiali plasmabili come bronzo o argilla? Cosa succederebbe se cominciassimo ad usare materiali extra-artistici come catrame, plastica, juta? Ve lo raccontiamo il prossimo mese con Alberto Burri e l’Arte Informale.