Igor Grubić ha esposto nel tredicesimo capitolo della mostra itinerante La Fine del Nuovo, inaugurata il 17 febbraio 2017 presso la casa degli Artisti Visivi croati HDLU al Meštrovićev paviljon di Zagabria.
Per questa tappa, intitolata Fakebook, ad accompagnare Igor Grubić, altri ventuno artisti: Annalisa Avon, Aurelio Andrighetto, Primož Bizjak, Maria Grazia Cantoni, Gino D’Ugo, Emilio Fantin, Matteo Fato, Silvia Hell, Sandro Mele + Luca Galofaro, Andrea Morucchio, Andrea Pertoldeo, Robert Pettena, Francesca Piovesan, Luca Scarabelli, Enrico Siardi, Daniela Spaletra, Saverio Tonoli, Goran Trbuljak, Enrico Vezzi e Luigi Viola.
Constraint Magazine ha intervistato l’artista Igor Grubić:
[ENGLISH VERSION BELOW]
Cosa significa per te “la fine del nuovo”?
Il nuovo occupa la nostra immaginazione e i nostri sensi come un istante colto nel tempo; è simile ad innamorarsi. Dopo di che, viene un periodo di discesa a terra, abbassamento alla realtà, di risveglio e di discussione della nostra posizione in quelle circostanze e ciò che ci ha portato. Ci ha aiutato a conoscere noi stessi e ad accettare la verità?
La fine del nuovo è il completamento della fase romantica dell’infatuazione utopica.
Come descriveresti la tua ricerca artistica in poche parole?
Come multimedia artist nel contesto sociale in cui ho vissuto, provo a reagire creativamente e a stabilire un dialogo con gli altri e con ciò che mi circonda e ad essere una parte del meccanismo più grande cercando di avere comportamenti risanatori e positivi.
Come definiresti l’arte in una frase? E in due frasi?
L’arte è un gioco creativo, che se viene giocato coscientemente e responsabilmente, può avere delle conseguenze trasformanti sul nostro potere cognitivo e, di conseguenza, sulla realtà più estesa. La creatività è ciò che ricerca, sperimenta, rompe i confini e attraverso il gioco incontra gli altri e sviluppa tolleranza, compassione e libertà.
A cosa stai lavorando in questo momento? Quale sarà la tua prossima esposizione?”
Sto lavorando ad un nuovo film dal titolo “The Factory” che è la seconda parte di una trilogia che affronta i così detti “pilastri” precedenti di una società che è collassata. Nel primo film “Movnument” ho affrontato con strutture antifasciste monumentali devastate e trascurate come simboli della precedente ideologia e ho messo in discussione la finalità della loro esistenza al giorno d’oggi. Nel secondo film, “The Factory” sto processando i simboli dell’architettura al servizio dei breadwinner della società mentre in un terzo film tratterò l’architettura istituzionale del modernismo sociale come simbolo della regola sulla società.
Per questa trilogia potrei dire che in un certo modo comunica attraverso il tempo con il filmaker leggendario Dziga Vertov e i suoi docu-essay sperimentali, filmati-pamphlet poetici che seguirono l’entusiasmo idealistico del costruire un mondo migliore e la “nuova società comunista”, mentre la mia trilogia cercherebbe un collasso di un simile esperimento socialista
Cosa ti ispira nel tuo lavoro?
La volontà di prendere parte nel processo di transizione che sta attraversando la nostra società… L’ispirazione viene anche da attivisti e artisti che vivono le loro vite consistentemente, mettendo in pratica ciò che predicano e chiunque provi ad essere attivo, membro responsabile della società.
Qual è l’esperienza più importante del tuo percorso artistico?
Ognuna delle mie esperienze. I processi che attraversiamo si sommano e ci aiutano nella costruzione della nostra personalità. Yves Klein disse: “Abbiamo bisogno di lavorare ad un capolavoro per tutta la nostra vita – su noi stessi.” Inoltre, una delle realizzazioni molto importanti del mio percorso artistico sono state esperienze di piccoli progetti artistici che talvolta possono trascendere la loro limitata struttura artistica e fare la differenzasignificativa su un problema della società che stavano mettendo in discussione.
{ENGLISH VERSION}
What does “the end of the new” mean for you?
The new takes up our imagination and senses like a seized moment in time; it is similar to falling in love. After that, comes a period of descending down to earth, lowering into reality, of awakening and questioning our position in these circumstances and what has this new brought to us. Has it helped us in knowing ourselves and in accepting the truth?
The end of new is the completion of the romantic phase of utopian infatuation.
The new moment is exiting the dream of utopia and making a first step towards its realization, thinking up work strategies, dealing with the present; it is the moment when I enter the fight and cope with reality.
How would you describe your artistic research in few words?
As a multimedia artist in the social context I have been living in, I try to react creatively and establish a dialogue with others and my surroundings and be a part of a greater mechanism seeking to act in a healing and positive way.
Can you define art in one sentence? Or in two sentences?
Art is a creative game, which if played conscientiously and responsibly, can have transformative consequences on our cognitive power and, by proxy, on our wider social reality. Creativity is that which researches, experiments, breaks boundaries and through playing encounters others and develops tolerance, compassion and freedom.
Are you working on something new right now? What’s your next exhibition?
New film under the working title ‘The Factory’ is the second part of a trilogy that deals with the so-called former ‘pillars’ of society that have collapsed. In the first film Monument I dealt with devastated and neglected monumental anti-fascist structures and monuments as symbols of the former ideology and questioned the purpose of their existence in the present. In the second film, ‘The Factory’ I am processing symbols of architecture in the service of breadwinners of society while in the third film I plan to deal with institutional architecture of socialist modernism as symbols of the rule over society.
For this trilogy I could say that in a certain way it communicates through time with the legendary filmmaker Dziga Vertov and his experimental docu-essays, poetic film pamphlets, which followed the idealistic enthusiasm of building a better world and the ‘new communist’ society, while my trilogy would touch upon it and detect a collapse of a similar socialist experiment.
What or who is your inspiration for your works?
The will for active part taking in the transitional processes that our society is going through…
My inspiration are also activists and artists living their lives consistently, practising what they preach and everybody who tries to be an active, responsible member of society.
What was the most defining experience in your artistic path?
All of them. The processes we go through all add up and help in the construction of our personality. Yves Klein said: “We need to work on one masterpiece all of our lives – on ourselves.” Also, one of very important realizations on my artistic path have been experiences of small art projects that can sometimes transcend their limited artistic frameworks and make a significant difference on a societal problem they were questioning.
Biografia di Igor Grubić
Igor Grubić (nato nel 1969, vive e lavora a Zagabria) è stato attivo come artista multimediale a partire dall’inizio degli anni Novanta. Il suo lavoro include interventi site-specific in spazi pubblici, spettacoli, fotografie e opere video. Egli è conosciuto per il suo attivismo e la sua considerazione sullo spazio pubblico come mezzo di espressione. Nel 2000, ha iniziato a lavorare come produttore e autore di documentari, reportage televisivi e spot pubblicitari socialmente impegnati. Il suo lavoro è stato esposto in varie istituzioni internazionali e in diversi eventi artistici e culturali.
La Fine del Nuovo cap. XIII
HDLU – Meštrovićev paviljon, Zagreb
Dal 17.02.2017 al 12.03.2017
La Fine del Nuovo cap. XIV
Vitta di Toppo Florio, Buttrio (UD)
Dal 01.04.2017 al 01.05.2017