Durante il festival “Arte non Mente” al parco di Sant’Osvaldo abbiamo incontrato Federico Rossi in occasione della presentazione “I CARTONI ANIMATI SI TRASFERISCONO AI COLONOS” con Vania Gransinigh, conservatrice dei Civici Musei di Udine, presenti per parlare delle opere di Chris Gilmour che verranno trasferite da Casa Cavazzini alla sede dell’associazione culturale i Colonos a Villacaccia di Lestizza.
Abbiamo voluto fare qualche domanda al presidente del Mittelfest partendo proprio da qui, proseguendo per quello che è il Festival e infine confrontando identità friulana-Colonos e apertura all’ Europa-Mittelfest.
Uscendo da questo tracciato, infine, abbiamo voluto capire quanta consapevolezza c’è nell’utilizzo dei nuovi, ormai consolidati, canali di comunicazione per la promozione della cultura, chiedendo a Federico Rossi cosa ne pensa.
I CARTONI ANIMATI SI TRASFERISCONO AI COLONOS, con cartoni animati si intende laboratorio e mostra del 2016 in collaborazione con Casa Cavazzini e Chris Gilmour. Cosa ci dobbiamo aspettare da questo “trasloco”?
I cartoni animati sono un progetto che ha coinvolto direttamente persone che hanno dei disagi mentali, per quanto tutti possiamo dire di avere dei disagi più o meno mentali, psicologici, nei nostri comportamenti etici, esistenziali ecc., persone che sono state messe in gioco attraverso la creatività, la loro capacità artistica in qualche modo, facendo cadere delle barriere tra chi ha delle difficoltà nella vita e le sue potenzialità. Grazie ad un grande artista come Chris Gilmour, che prima di tutto è una persona di grandissima sensibilità umana e di grande capacità relazionale, questi ragazzi, ragazze, uomini e donne hanno avuto la possibilità di fare un percorso di “liberazione umana e di integrazione sociale”. Ecco, tutto questo viene trasferito anche ai Colonos.
Cosa ci aspettiamo? Semplicemente che queste opere, che sono il frutto della genialità, e non solo, di queste persone, arricchisca il patrimonio dei Colonos, non soltanto di un patrimonio materiale, ma anche per la nostra esperienza dei valori che sono all’interno di questo progetto.
Cos’è l’associazione Colonos e cosa è il Mittelfest? Due realtà diverse, una molto piccola e una che abbraccia addirittura tematiche ed esperienze di oltre confine, come le descriverebbe a chi non ci è mai stato?
Sono realtà molto diverse per la scala, soprattutto dal punto di vista quantitativo. Io dico spesso che se il Mittelfest è un festival grande, i Colonos o Avostanis (festival che si tiene da molti anni ai Colonos, ndr), è un grande festival, anche se piccolo in qualche modo. Però non sono né opposti, né antagonisti, né esclusivi uno in rapporto all’altro. Io li considero complementari, ed è per questo che ho accettato dal mio piccolo mondo dei Colonos di rappresentare, come presidente, il Mittelfest. Ai Colonos facciamo soprattutto un lavoro di elaborazione culturale, di convivialità sociale e creativa che è legata all’identità del Friuli, ai suoi valori più specifici, alla rivisitazione critica del passato di questa regione, legata anche ad un’identità linguistica e culturale che troppo spesso viene guardata come memoria storica e che invece deve essere contemporaneamente progettuale e aperta al futuro. Ai Colonos facciamo soprattutto questo, anche se abbiamo alcuni slanci di apertura internazionale, mentre il Mittelfest si configura e nasce come un momento di cultura aperto all’Europa, anche perché è stato istituito nel ‘91 all’indomani del crollo del muro di Berlino, questa grande spaccatura che lacerava l’Europa, parliamo dell’89. Subito dopo, in maniera intelligente e lungimirante, a mio avviso, la classe dirigente regionale ha pensato di creare uno spazio culturale per contribuire alla ricomposizione di queste due entità contrapposte che facevano parte di un unico continente, in funzione anche di un’Unione Europea. Un’unione che purtroppo al giorno d’oggi sta registrando una battuta d’arresto.
Credo che oggi, di nuovo, la sfida del Mittelfest sia di porre le sue risorse culturali, creative e di dibattito al servizio del futuro, di una rinascita dell’Europa.
Quanto pensa che sia importante un luogo e una popolazione come il Friuli per lo sviluppo di un festival come il Mittelfest?
E’ vero che il Mittelfest nello statuto viene istituito con un orizzonte preciso, che non è soltanto di carattere europeo in senso generale, ma soprattutto riferito alla Mitteleuropa e all’area balcanica. E’ vero che questo è il grande orizzonte del Mittelfest, però è anche vero che il rischio, corso anche da altri festival, è di diventare una specie di cattedrale nel deserto.
Un elemento di tensione e una dinamica continua di ricerca che caratterizza l’attività del festival, è anche quello di radicarsi nel territorio, che significa due cose: da una parte perlustrare e valorizzare le migliori risorse creative e artistiche che ci sono e dall’altra essere elemento strategico di appartenenza ad un luogo. Per quanto riguarda il primo potrei citare che anno dopo anno nelle diverse edizioni del festival vengono coinvolti i ragazzi, gli studenti del conservatorio musicale di Udine e Trieste. Ogni anno ormai da parecchio tempo viene coinvolta Arearea, gruppo di danza contemporanea che realizza una performance apposita sul tema specifico delle edizioni. Anche il legame con la Civica Accademia Nico Pepe è fondamentale in rapporto al coinvolgimento dei giovani talenti, che realizzano dei progetti ad hoc. Inoltre abbiamo un’attenzione specifica a musicisti ed artisti vari proponendo inoltre uno spettacolo in lingua friulana.
Quest’anno avremo una novità, un’anteprima, che è intitolata Mamui che coinvolge una compagine corale, una di danza, insieme ad un’attrice che sarà la voce recitante. Dopo aver lavorato per tantissimi anni con Dario Fo, porterà all’interno di questo spettacolo la tecnica giullarresca di Dario Fo del Gramelot, il gioco linguistico che in questo caso viene riportato alle origini della lingua friulana, all’ “archeofriulano” e ad un gioco linguistico fatto sulla lingua della nostra regione. Sono andato a leggermi il testo e a vedere alcune immagini delle prove, è una cosa esilarante, uno spettacolo di altissimo livello che fa crescere anche lo status della lingua e cultura friulana che per troppo tempo, dagli anni ‘50 in poi è stato considerato qualcosa di serie B.
C’è anche l’altro elemento.
Il Mittelfest può essere uno strumento strategico perché le comunità di questa regione si riconoscano nella nostra terra per quello che di fatto è, forse non abbiamo ancora capito quanto sia importante. Il fatto cioè che noi siamo al centro, che siamo nel cuore delle grandi culture dell’Europa, perché qua si incrociano, si mescolano le varie correnti culturali e storiche: quella tedesca, quella slava e quella latina. Siamo una terra plurilingue, di pluriculturalismo e che dunque è in sé stessa, mutuando la definizione da uno scrittore famoso “un piccolo compendio dell’Europa”. Il festival può aiutarci a crescere nella nostra consapevolezza d’esser cittadini europei, prima che essere friulani, italiani, sloveni, ecc.
Come si trova da ideatore di un’associazione come i Colonos a diventare presidente di una realtà così grande come il Mittelfest? Quali sono state le sue difficoltà come professionista culturale spostandosi da due mondi così diversi? Che consigli darebbe a dei giovani che vorrebbero lavorare nel suo stesso campo?
Ai Colonos lavoriamo in forma volontaria, siamo un gruppo di cinque, sei amici, quello che viene chiamato scherzosamente il “comitato centrale”, poi collaboratori esterni che fanno da consulenti nei vari settori e il pubblico.
In riferimento alla relazione tra gli artisti ed il pubblico credo che la sfida più importante sia questa: non considerare il pubblico come un contenitore esterno, oggetto del nostro spettacolo, di quello che proponiamo, ma invece considerarlo come un protagonista.
Credo che negli anni i Colonos siano riusciti a costruire un pubblico attento, un pubblico di grande qualità e alcuni attori, anche importanti che sono venuti da fuori regione, sono rimasti colpiti proprio da questa qualità del pubblico. Poi c’è la passione. Se la cultura non è fatta con passione e con amore non ha senso, e del resto ho l’impressione che nella società di oggi si stia perdendo anche nel mondo del lavoro e delle professioni questo qualcosa che apparteneva all’artigiano: la passione, il poter fare qualcosa che prima di tutto dà piacere a te, arricchisce te, fai bene il tuo lavoro perché ci credi, perché la consideri una parte di te stesso, il che ovviamente è una fortuna quando avviene. E’ chiaro che poi entra nel mercato, si fanno dei prodotti che poi vengono venduti, entri in un giro economico ecc. C’è un proverbio orientale che dice “scegli un lavoro che ti piace e non ti sembrerà di lavorare per tutta la vita”. Io personalmente ho avuto la fortuna di constatare che questo proverbio è vero, per quanto nella vita e nel lavoro che si fa c’è sempre questa zona non proprio piacevole, che richiede un impegno perché una cosa va fatta e basta.
Per quanto riguarda i giovani che hanno avuto una formazione nell’organizzazione di eventi, nel management culturale ecc., credo che se una persona sente un fuoco dentro deve coltivarlo con grande determinazione, sfidando tutte le ostilità esterne, tutte le contrarietà e le difficoltà. Abbiamo degli esempi di tanti grandi artisti che sono emblematici da questo punto di vista. Passione sì, però anche competenza, anche se ovviamente la competenza senza passione diventa tecnocrazia, una professionalità morta.
Credo che una competenza fondamentale sia la capacità di mantenere una curiosità su quello che succede, non assecondando mode e tendenze del momento, documentarsi in maniera diretta, riuscendo a cogliere le risorse le genialità di persone che hanno una grande capacità artistica, grande qualità, prima che esplodano, prima che diventino famose.
Io sono un provinciale, nel senso di legato ad un territorio e ad una comunità, però mi accorgo che quelli che parlano di internazionalità e vogliono fare gli universali, tante volte sono proprio loro provincialisti, perchè non sanno scoprire i talenti che abbiamo a casa nostra. Soltanto quando questi, attraverso determinati percorsi, riescono a diventare dei fenomeni, ecco che allora a livello locale tutti rincorrono quel poeta, quello scrittore, quel musicista. Serve che siano altri a dirci che questi valgono.
Invece un ragazzo che vuole andare avanti su questa strada deve sviluppare questa sensibilità, una sorta di sesto senso, che vuol dire una ipervigilanza dei sensi sempre aperti, sempre eccitati nel captare quello che succede in giro e individuare i valori che ci sono e aiutarli a crescere e a maturare.
Ormai non più solo strumento dei giovani, nel 2017 il web ed i social-network creano quel raccordo indispensabile tra chi propone cultura e chi la richiede.
Come si rapporta l’associazione i Colonos con questo canale di comunicazione e come il Mittelfest? Come secondo lei possono essere utilizzati al meglio? E’ possibile mantenere la centralità della storia, della tradizione, dell’identità di un territorio interfacciandosi con le nuove tecnologie? E se sì, come?
Ho paura che qui ti darò una risposta deludente, nel senso che io non ho Facebook. Queste nuove tecnologie, però, al giorno d’oggi sono preziose, non si può prescindere dai servizi che rendono e dalla loro efficacia nella comunicazione. Ho alcune persone ai Colonos, come ci sono anche al Mittelfest, che curano questi settori, sappiamo che sono assolutamente importanti. Un po’ perché sono impegnato, un po’ per scelta non li utilizzo, diciamo che faccio parte dell’archeologia.
Credo che se da un lato i nuovi social media, i nuovi strumenti di comunicazione consentono una comunicazione ad ampio raggio, a livello internazionale, a livello planetario, contemporaneamente vadano gestiti i valori, i rapporti e le forme di comunicazione che sono intrinseche al territorio, fatte non soltanto di bit, ma anche di atomi. Qui però entriamo in un argomento, che apro e chiudo brevemente, del rapporto tra la la realtà locale e la globalizzazione che vale per il sistema della comunicazione, per l’economia, per il sistema della vita personale e collettiva, legato ad un momento di grandi trasformazioni.
Articolo a cura di Luca Pavan e Alessandra Conte