Intervista a Flavio Pressacco
Il 25 aprile Sergio Cecotti, ex sindaco di Udine, ex presidente della regione, ma soprattutto sostenitore della cultura e identità friulana ha lanciato un appello per salvare i Colonos, l’associazione e luogo di incontro che dal 1996 cerca di far dialogare l’identità friulana con la contemporaneità a Villacaccia di Lestizza.
Federico Rossi presidente dell’associazione e ideatore del progetto, ha portato, non a caso in una vecchia casa colonica della bassa friulana, la riflessione su come la cultura contadina friulana possa relazionarsi con l’epoca moderna.
Qui sono passate figure come Philippe Daverio, Pierluigi Cappello, Carlo Sgorlon, sono state possibili sperimentazioni musicali di Glauco Venier tra il jazz e i suoni della tradizione, rivisitazioni e riletture di opere di Pasolini come “Turcs tal Friul” di Elio De Capitani e molti altri.
Oggi lo stabile di Villacaccia di Lestizza, sede delle attività dell’associazione, è finito all’asta giudiziaria con il rischio concreto che tutta questa storia termini qui, dopo 30 anni ed in un momento storico in cui dopo uno stop obbligato derivante dalla pandemia, sarebbe ancor più necessario interrogarsi su come debba collocarsi la cultura contadina friulana nel 2021 e nel futuro.
Proprio in questi giorni dopo l’appello di Sergio Cecotti molti sostenitori del progetto hanno risposto positivamente all’ex sindaco di Udine. Tra questi Flavio Pressacco, professore emerito dell’Università degli Studi di Udine, ex professore di Matematica Finanziaria, appassionato di basket ed ex allenatore della nascente Snaidero Udine, negli ultimi anni ha fondato l’associazione Don Gilberto Pressacco con la finalità di mantenere la memoria del pensiero e degli studi del musicologo friulano.
Avendo collaborato attivamente con l’associazione Colonos ed avendo, con l’associazione Don Gilberto Pressacco, molti punti di contatto, abbiamo voluto fare una chiacchierata per approfondire l’argomento.
Opare Toffolini – Geatti : Foto Luca D’Agostino
Professor Pressacco lei è presidente dell’associazione Don Gilberto Pressacco con cui nel corso degli anni ha fatto vari progetti per diffondere il pensiero del musicologo friulano, ci può raccontare la sua esperienza e come questa si integra con i temi del progetto Colonos?
Il settore culturale non è il mio campo diretto, non sono un operatore culturale ma mi sono assunto questo incarico di presidente dell’associazione Don Gilberto Pressacco, da cui ho imparato molto del settore. Mi sono reso conto di tutta una serie di realtà, ho dovuto leggere, studiare, interpretare per prepararmi e ho avuto modo di approfondire il pensiero di Gilberto. Inoltre ho avuto quest’idea, modestia a parte, di inventarmi il premio Rusticitas che vedo negli anni aver avuto un impatto enorme ed essere stato molto gradito dai premiati. È significativo che tutti ritengano culturalmente importante riceverlo.
Mi ha indotto a riflettere più in generale su cosa significhi oggi il pensiero di Gilberto per una persona che vive in Friuli e si pone il problema di come la nostra regione si debba giocare le carte nel mondo. Nonostante io sia uno che ha masticato economia, che ha vissuto questioni di vario genere, mi sono reso conto che approfondire i messaggi che ha dato Gilberto ha accresciuto enormemente la mia capacità di guardare al funzionamento del mondo, alle potenzialità del Friuli che va al di là di alcuni aspetti culturali, ma che va al cuore invece della capacità competitiva del territorio. Ovvero del ruolo e dell’identità friulana, che si collega col concetto della “rusticitas” (unitamente al friulano macôr, rusticitas può rappresentare sinteticamente le qualità positive universalmente riconosciute alla popolazione friulana: semplicità, frugalità, onestà, schiettezza, coerenza, rifiuto dei compromessi) tanto caro a Gilberto Pressacco.
Gilberto centrava il suo messaggio nel ruolo di Aquileia nel protocristianesimo nei primi secoli dopo Cristo e nella diffusione del cristianesimo in queste zone.
Cos’era quella volta Aquileia? Era l’equilibrio tra la politica romana (l’espressione di Roma nel nord est, avamposto romano) e la cristianità. Il collegamento con l’Aquileia protocristiana è il richiamo che noi siamo eredi di quel tipo di storia, che significa da una parte la latinità e dall’altro la cristianità. Nasce l’idea di uno sdoppiamento nella società occidentale: i guerrieri da un lato e i sacerdoti dall’altro che non hanno più potere diretto, ma hanno il potere della conoscenza e dell’interpretazione della parola divina, un potere superiore.
Incomincia quindi a distinguersi il sacerdozio come potere intellettuale ed il Patriarca di Aquileia è anche comandante delle truppe, un ibrido tra i due poteri politico e religioso.
Quando il Patriarcato finisce e il Friuli passa sotto controllo veneziano il potere religioso viene lasciato per lo più in mano ad esponenti del territorio.
Gradualmente nel corso dei secoli i sacerdoti di estrazione sociale umile cominciano ad acquisire una certa indipendenza, pur non contrastando il potere, ma salvaguardando certe caratteristiche storiche della raffinatezza sacerdotale precedente.
Questo nel pensiero di Gilberto è l’essenza della Rusticitas, incarnazione umile di una raffinatezza che ritiene risalire ad un’epoca precedente, una raffinatezza intellettuale dei tempi in cui Roma era Caput Mundi.
Premio Maqôr Rusticitas a Giuseppe Battiston 2017
La “Rusticitas” di cui parla Don Gilberto dialoga a tutti gli effetti con il tema centrale da cui è nato il progetto dei “Colonos” e che ha portato nel corso degli anni a premiare l’operato di Federico Rossi. Quali sono stati i motivi di questo premio?
L’idea di ristrutturare un casale decadente e non farne una villa o un museo, ma un centro di iniziative culturali che metta al centro la riflessione sulla civiltà contadina del Friuli non in senso banale o deteriore, non può che esprimere progettazione culturale alta.
Questa è un’intuizione per cui abbiamo dato nel 2015 il premio Rusticitas non a caso a Federico Rossi ed Angela Felice per avere strutturato centri culturali che basavano sull’analisi degli aspetti della Rusticitas della cultura friulana il loro operato. L’idea alla base è fare dell’aia di una casa colonica opportunamente ristrutturata un centro simbolico. Nota bene che l’iniziativa di Federico Rossi poteva essere fatta ovunque ma consapevolmente viene fatta in questo luogo.
Che senso ha scegliere questo luogo se non sottolineare simbolicamente l’aggancio di questa cultura con un certo tipo di evoluzione della società friulana?
Se i simboli hanno un senso di significato e ruolo, questo è il motivo per cui mi son sentito di aderire all’appello.
Rispetto al 1996, quando l’associazione “Colonos” è nata, nel 2021 viviamo un momento di snodo, di cambiamento, dovuti alla pandemia ancora in corso. Quanto è importante oggi salvare attività di questo tipo?
Più che mai in un momento come questo bisogna che il Friuli trovi una propria capacità identitaria e non vada allo sbando a cercare qualche doverosa ma non assolutamente sufficiente capacità di adeguarsi, con progetti tecnologici e via dicendo, privi di fondamenta. Non ci sarà mai la forza di contrastare altre forze dominanti derivanti dall’inerzia della storia.
L’unica speranza del Friuli è di avere anche una robustezza ed una consapevolezza identitaria, in questo senso i simboli possono essere importanti.
Flavio Pressacco
Ceccotti nell’appello al sostegno dei Colonos afferma: “Nel 1976 la ricostruzione materiale fu preceduta da presa di coscienza civile e culturale che poi portò al cosiddetto “modello Friuli “. Può, questo che stiamo vivendo, considerarsi un momento simile? Sono ancora valide queste parole?
In un certo senso pur nella diversità, bisogna certo ricordare che all’epoca si leggeva Lettere Friulane ed il clero, ad esempio, si esprimeva ben oltre la mera questione tecnica delle procedure per la ricostruzione. Ma c’era anche una consapevolezza ulteriore più robusta: si fa la ricostruzione ma ponendosi delle domande sul perché si fa. Parte di questa consapevolezza è frutto anche di pensieri espressi su Lettere Friulane di cui Gilberto Pressacco era estensore, quasi il portavoce ufficiale della linea, se vogliamo, radicale.
Ma se vogliamo pensare ad un’altra grande figura a cui è stato assegnato il premio Rusticitas nel 2016, Remo Cacitti con l’idea di ricostruire il duomo di Venzone come simbolo, numerando pietra per pietra di modo da ricostruirlo esattamente com’era prima, quale senso voleva dare a questa operazione? Perché, allora come adesso, lo scopo era la ricostruzione di un simbolo, come potrebbe essere la continuazione dell’attività di progetti come i “Colonos”.
L’ultima domanda è legata al mezzo che noi stessi di Constraint Mag utilizziamo per comunicare, ovvero il mezzo virtuale, i social, ecc. da cui ormai nessuno può più prescindere se vuole divulgare contenuti di qualsivoglia genere. Rispetto a questioni di coinvolgimento culturale, da Lettere Friulane con Gilberto Pressacco ai Colonos, i mezzi virtuali riusciranno a mantenere e traghettare questa identità nella contemporaneità? Possono essere dei validi alleati?
Io penso di sì, nel senso che i simboli ovviamente hanno il fascino di mantenere la quintessenza dell’identità antica ma evidentemente anche attraverso mondi moderni.
A tal proposito noi abbiamo girato recentemente un docufilm sulla vita, il pensiero e l’opera di Gilberto Pressacco che aveva avuto un grande successo con Marco D’Agostini ecc. che è un esempio di modernità, entro certi limiti ovviamente. Abbiamo un sito dell’associazione e cerchiamo di veicolare i pensieri e la memoria di Don Gilberto anche attraverso la virtualità.
Utilizzare gli strumenti della modernità per valorizzare l’identità non ha alcun conflitto, anzi.