Tranquilli non vi voglio raccomandare cosa guardare il weekend in televisione. L’unico consiglio che posso darvi a riguardo è: spegnetela! TV non è da intendersi come l’apparecchio, ma come targa. L’ultimo weekend l’ho infatti passato in provincia di Treviso, con qualche amico, per seguire un trittico di eventi. Sarebbe poco avveduto bruciarseli tutti in una sola recensione, perciò per oggi dirò:
Narrami o diva delle battaglie
che con gran fragore di batterie
l’aria fecero rimbombare di Roncade
Le “battaglie” altro non sono che i Battles, che si sono esibiti giovedì 31 marzo al New Age club di Roncade, per l’appunto. I Battles sono un trio di polistrumentisti USA che praticano rock d’avanguardia. Il loro credo musicale si basa sulla complessità che emerge dalla sovrapposizione, tramite campionatori e delay, di molteplici temi di chitarra essenziali che suonano come fossero eseguiti su un synth e, viceversa, di melodie al synth distorto come fosse una stratocaster. I loop sono praticamente un mantra per Ian Williams, Dave Konopka e John Stanier. Quest’ultimo, il batterista, soffia linfa vitale nei pezzi con una carica agonistica tale, da portarlo a doversi posizionare il piatto crash ad altezze proibitive per auto-limitarsene l’uso.
Il concerto è parte del tour europeo che segue l’uscita del loro terzo LP “La Di Da Di”. Non siamo partecipi di un tutto esaurito ma il pubblico è nutrito (prezzo del biglietto 22 euro + eventuali costi di prevendita). In apertura sentiamo la sperimentalissima Kaitlyn Aurelia Smith, che incanta con l’atmosfera minimale ed analogica dei suoi synth modulari. A seguire una mezz’ora abbondante dei Niagara, duo elettronico torinese che ci investe con un muro del suono non facile da incanalare. Al primo ascolto, il mio pensiero è andato ai pezzi più ruvidi degli Animal Collective.
Ma mentre sto ancora assimilando è già il momento dei Battles: la scaletta indugia più che altro sugli ultimi due album, con i tre moschettieri che si giocano praticamente subito il loro pezzo più pop, “Ice cream” dall’album “Gloss Drop”(2011):
I ragazzi mitragliano indisturbati sugli strumenti per un’ora e più, sudando copiosamente e vistosamente nelle loro camicie impeccabili, sfoggiando, verso la fine, pezzi degli EP d’esordio e del primo LP ( “Mirrored” del 2007, osannato dalla critica, ma composto in quartetto prima che Tyondai Braxton prendesse altre strade) che mandano in visibilio i fan più canuti.
Dopo una finta di fine concerto, accolta da richieste di bis e cori, i tre si rifanno vivi e Ian Williams tira una frecciatina al pubblico: “If all four of you are going to clap like that, I guess we’ll have to come out again”. Nonostante ciò altri due pezzi ce li concedono, chiudendo con l’interessantissimo singolo “The Yabba”, che dal vivo è meno delicato ma più energico.
A fine concerto penso che le acrobazie musicali di Tyondai mi mancano, e che l’acustica del locale è più potente che fedele. Poi mi giro e vedo un signore sulla cinquantina, palesemente venuto al concerto da solo, che sorride come un bambino, stringendo tra le mani una bacchetta che Stanier gli ha lanciato, e mi sciolgo. Penso che ascolto i Battles da più di un lustro, ma che è la prima volta che riesco a sentirli live. Mi do un cinque mentale di auto-approvazione e penso che domani sarò di nuovo qui a sentire i Cani, ma questa è un’altra recensione…
Articolo di Marlene Escher (blog)
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