Un’altra voce si aggiunge all’opera corale del progetto What Comes Next, quella di Abdeljalil (39 anni, originario del Marocco), proprietario di una macelleria Halal situata sotto i portici di Via Manzini, nella zona periferica di Borgo Stazione.
Il termine Halal (Ḥalāl) rappresenta le caratteristiche (che si rifanno alle concessioni della legge religiosa islamica) del procedimento di uccisione dell’animale per la successiva macellazione. Una realtà così particolare come la macelleria di Abdeljalil sottolinea quanto questa zona di Udine, negli ultimi trent’anni, sia diventata un piccolo crocevia etnico e culturale nel quale chiunque, a prescindere dalle origini, può ritrovare una piccola parte del proprio Paese di provenienza.
Jalil, da quanto tempo hai aperto questa attività, e da quanto tempo sei qui in Italia? Raccontaci un po’ di te, di quello che hai fatto e di questa macelleria…
Mio padre è qua dalla fine degli anni Settanta, e io l’ho raggiunto nel ‘98. Ho iniziato a lavorare a Cividale per circa tre anni, dove ho imparato a lavorare la carne, poi sono stato per circa undici anni al Carrrefour di Tavagnacco, che ora ha chiuso. All’inizio era dura, non conoscevo benissimo la lingua e cercavo di arrangiarmi con un po’ di francese. Con il tempo, rimanendo qui tutto il giorno e tutti i giorni, la lingua la impari però.
È stato a Cividale che ho imparato il mestiere di macellaio, ho dovuto abbandonare gli studi per aiutare la mia famiglia qui… Sono il più grande tra i miei fratelli e ai miei genitori serviva una mano. Poi ho deciso di mettermi in proprio, ho aperto questa attività nel 2016 più o meno.
E negli ultimi 5 anni cosa ti sembra sia successo qui nel quartiere?
Il primo annetto anche qui non è stato semplicissimo, la via non è una delle migliori.
Avevo passato parecchio tempo in Via Roma e Via Battistig, mio zio aveva un call center lì. Poi quelle Vie sono cambiate molto nel giro di pochi anni, sono diventate molto caotiche, non sarebbe stato conveniente aprire un’altra macelleria lì… così mi sono guardato un po’ intorno e ho optato per questo posto.
Come ho detto prima il primo anno non è stato facile, perché la via è un po’ nascosta, anni fa non c’erano neanche le rotonde e per venire qui i clienti dovevano girare tutto l’isolato per raggiungermi. Ma alla fine basta portare pazienza, farsi conoscere, spargere la voce. Quando offri un prodotto tipico, di qualità, lavorato in una certa maniera, la gente viene a cercarti. Mi sono fatto una mia clientela, la cui maggior parte viene da fuori Udine. Il problema dei negozi come il mio è che spesso i proprietari non conoscono bene il mestiere, alcuni non si preoccupano troppo per l’igiene o della cura della carne, cosa che qui invece è al primo posto.
Quindi i miei clienti per fortuna li ho, anche grazie a un po’ di pubblicità su facebook. La gente del quartiere (gli inquilini italiani intendo) all’inizio era diffidente, c’è molto pregiudizio sulla cultura islamica e su ciò che può offrire. Però piano piano mi sono fatto conoscere, ho clienti di tutte le origini, italiani e non.
Penso che lavorare come si deve sia un modo efficace per far capire quanto i pregiudizi siano superficiali.
Esatto. Ho lavorato con persone che erano visibilmente razziste nei miei confronti, e una volta che queste persone iniziavano a conoscermi spariva ogni tipo di stereotipo o pregiudizio. Anche io ho imparato tanto grazie a queste persone, c’è stato molto scambio, sono stato accolto nelle loro case e famiglie. Anche qui nel quartiere, ormai la gente mi conosce. Ho ottimi rapporti con i vicini, e non ho mai avuto nessun tipo di problema.
Certo la Via non è tranquillissima, vengono alcuni ragazzi a bere, alzano il volume, fanno un po’ di caos. La gente si allarma e chiama le autorità. Tutto questo non aiuta l’immagine generale, né delle attività né del tipo di frequentazione della zona. Alla fine sono cinque anni che sono qui, e non ho mai avuto problemi con nessuno. Penso che la prima cosa da tenere in considerazione sia il rispetto, per gli altri e per sé stessi. Cerco di rispettare le regole, anche quelle per il Covid, lavoro al mio meglio e vado avanti così. Non vedo che utilità abbia creare problemi.
Soffermiamoci un attimo sul discorso Covid: come hai gestito la situazione? Cos’è successo?
È cambiato il volume degli affari, chiaramente. La gente, a causa delle varie zone rosse e arancioni non può spostarsi di comune, e come vi ho già detto ho parecchi clienti esterni a Udine. Da Gorizia, Monfalcone, spesso anche da Trieste… queste persone non potevano più raggiungermi.
Non posso lamentarmi più di troppo però. Ho visto colleghi e persone in difficoltà ben peggiori… Mi sono adattato, ho fatto consegne fuori comune per venire un po’ in contro ai clienti, all’inizio (parlo del lockdown del 2020). Ho fatto qualcosina anche durante la seconda ondata, ma era un costo da sostenere troppo elevato. Tra noleggio del furgone refrigerato, preparazione degli ordini e trasporto effettivo, l’introito era veramente basso, e facevo degli orari insostenibili. Ho fatto due mesi e mezzo di lockdown così.
Però l’ho fatto volentieri, mi faceva piacere venire in contro ai clienti. Mi sono suddiviso le zone, tra Gorizia, Latisana, Tolmezzo, Spilimbergo, Pordenone ecc… Molti cercano la specifica carne macellata Halal, altri invece cercano la qualità della carne di per sé.
E sei tu che macelli la carne?
Io ho imparato il mestiere di macellaio a Cividale, però non uccido io direttamente l’animale. Io so trattare la carne, sfilettarla e a pulirla. Il rito in sé io non lo pratico, non ho mai lavorato nei macelli. Abbiamo fornitori a Padova e Verona, queste sono le città più vicine dove fanno la macellazione tramite rito islamico. Qui in Friuli non ce ne sono, perché mancano i macchinari appositi per operare in sicurezza.
Il rito è fondamentale per la qualità della carne. So che può risultare crudele come scena, ma uccidendo l’animale in quel modo (tramite un taglio in una parte specifica del collo, e con il corpo rivolto verso la Mecca) il sangue fuoriesce e la carne si libera di tutte le tossine che altrimenti andrebbero a intaccarne il gusto e il sapore, che diventa così più dolce. È una tradizione piuttosto seguita, anche se non tanto quanto il ramadan.
A proposito, è stato un ramadan molto particolare quello del 2020, vero?
Decisamente. Una delle cose più belle del ramadan è la festa con la propria famiglia e la propria comunità a fine del digiuno, la preghiera della fine del ramadan, e via dicendo… Con il covid queste cose non abbiamo potuto farle, se non con qualche parente stretto e nell’ambiente più casalingo.
La storia di Abdeljalil fa capire quanta tenacia e forza siano necessarie per sopravvivere alla situazione pandemica che ancora non demorde ad esistere; le sue parole ci hanno permesso di approfondire vari aspetti della cultura islamica (la macellazione Halal e il ramadan) e di come questi si siano riadattati e rimodellati in base al Covid. Ancora una volta emergono i problemi relativi alla mancanza di integrazione e comunicazione interni al Borgo Stazione, e di come questo tipo di questioni sia diffuso in tutto il quartiere, anche nelle zone più periferiche, dove la macelleria di Abdeljalil è situata.
Con questa intervista si è conclusa un’esperienza più unica che rara. La gentilezza e la disponibilità con le quali siamo stati accolti dai commercianti e dagli abitanti del Borgo ci hanno permesso di comprendere meglio un quartiere conosciuto ma misterioso al tempo stesso; nella speranza che le carenze di tipo socio-culturale del Borgo possano essere un giorno colmate, puntiamo a fare di “What Comes Next” un piccolo ed umile mattoncino per una struttura di iniziative che andranno a ricostruire il modo in cui il rione udinese viene gestito e considerato.
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