La sera del 20 febbraio 2019 in Sala Minerva si respira un’aria calorosa, d’attesa e curiosità, mentre si attende l’arrivo del regista francese F. J. Ossang. Sta venendo a spendere qualche parola per il suo film “9 doigts” (9 dita) che il cinema Visionario ha scelto di proporre al pubblico nella miglior forma possibile: l’immersione silenziosa e trascinante di una sala cinematografica.
La “pellicola” 9 dita (termine ancor più giustificato dal 35 mm con cui Ossang ha scelto di girarla per un’affezione al formato nonostante i costi) è un oggetto istrionico come il suo regista. L’ospite in sala è una figura eclettica che dopo un inizio precoce nel mondo della poesia a 17 anni ha poi spaziato nel cuore dell’arte (avvicinandosi alla scrittura, alla musica come cantante punk e ovviamente al cinema).
Parlando al pubblico in sala Ossang, accompagnato dall’attrice feticcia Elvire, si lascia trasportare dal gusto del racconto. Tra citazioni e influenze letterario-cinefile (es. Konrad, E. A. Poe, Lautrèamont, Raùl Ruiz, il cinema muto e quello espressionista tedesco), scorci sulla lavorazione del film (l’aver girato in condizioni climatiche precarie, una post-produzione dispendiosa e il budget ristretto) e alcune anticipazioni sulla proiezione (come la narrazione ibrida di un noir d’avventura e il tema marittimo come un “ritorno alla giovinezza” per l’autore) il regista non riesce quasi più a fermarsi.
Ma le luci si fanno piccole piccole e il grande schermo si illumina. Un uomo di nome Magloire fugge senza lasciarsi dietro averi o ricordi. Una banda criminale, guidata da un Kurtz di konradiana memoria, lo bracca e infine lo invischia nei propri affari: un’innocua falsa rapina lascia così spazio ad un allucinato viaggio nella notte, tra neri oceani e isole fantasma.
La luna, il mare, una nave Cargo e una montagna. Attraverso questi 4 emblemi il regista esplora esterno ed interno del suo mondo fantastico, con una compassata ed evocativa, ma mai pretenziosa, fotografia in bianco e nero di Simon Roca. La cinepresa muove da un racconto noir a tinte crime, ma lo fa sempre focalizzandosi su ciò che veramente interessa al regista. L’evocazione di un lirismo impalpabile di immagini e parole, l’assuefazione dell’udito e della vista dello spettatore e la creazione di un reale fantastico, pessimista e allucinato: queste ambiziose intenzioni muovono un film solo in apparenza “di genere”.
A sostenere Ossang in quest’avventura vi è un cast tutto francese tra cui figurano nomi familiari come Gaspard Uilliel (il dottore, conosciuto per “È solo la fine del mondo” di Dolan) e attori meno noti del panorama francofono come il talentuoso Pascal Greggory; ciascuno di loro riesce egregiamente a coinvolgere lo spettatore e a proiettarlo nel proprio universo a tinte chiaroscure.
È quindi innegabile la perizia registica del cineasta punk che mira con successo a far scivolare il suo immaginario sotto la pelle dello spettatore per sconvolgerne i sensi più intimi e sensibili. Il Pardo d’argento per la miglior regia al Festival di Locarno 2017 è un riconoscimento che 9 dita si è decisamente meritato.
articolo di Riccardo Virili