A diciotto anni dalla prima rappresentazione italiana, il nuovo e accattivante allestimento della piéce teatrale “Copenaghen” inaugura la 36esima stagione 2017/2018 del Teatro Contatto, in una coproduzione Css, Teatro di Roma e Compagnia Orsini.
Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice sono i tre attori che interpretano in maniera magistrale l’avvincente opera del drammaturgo Michael Frayn incentrata sul rapporto tra etica e scienza alla vigilia del devastante lancio della bomba atomica, mescolando in maniera accorta e sapiente ingredienti di carattere tecnico e politico e altri dal sapore umano e morale.
In una dimensione quasi surreale che ricorda vagamente un’aula universitaria con lavagne intrise di formule utilizzate come quinte teatrali, si stagliano tre figure : il fisico tedesco Werner Heisenberg (che incarna la figura dell’allievo-figlio), lo scienziato danese di origine ebraica Niels Bohr (che personifica il padre-maestro) e la moglie devota e protettiva di quest’ultimo, Margrethe.
Il primo decide di recarsi a Copenaghen in visita dal suo mentore e il motivo di quell’incontro è il punto cruciale attorno cui si snoda l’intero spettacolo : “perché è venuto?” si interroga dubbiosa la moglie di Bohr, il quale, a sua volta, risponde “certe domande non hanno risposta”. L’incontro tra i due Premi Nobel, infatti, storicamente è avvenuto ma entrambi non hanno mai dato una versione definitiva, preferendo stendere una patina silenziosa su quanto accaduto, essendo la materia caratterizzata da numerose implicazioni di matrice etica e morale. Frayn quindi costruisce una piéce con diverse interpretazioni circa l’oggetto di quel confronto : ne emerge un dialogo contraddistinto da una fitta rete di battute e da un ritmo incalzante, veloce, serrato, dove si alternano ragionamenti scientifici, aneddoti personali e riflessioni filosofiche.
Ci si chiede, infatti, fino a che punto è ammissibile spingersi in nome della ricerca? Questa può essere illimitata oppure deve essere arginata da riflessioni di carattere morale? Lo scienziato ha una forma di responsabilità verso la collettività o è autorizzato a sfruttare il suo bagaglio intellettivo in nome del progresso?
Ed è proprio sul progresso che si è pronunciato anche il famoso sociologo ebreo Bauman, il quale afferma che il “progresso è diventato una sorta di ‘gioco delle sedie’ senza fine e senza sosta, in cui un momento di distrazione si traduce in sconfitta irreversibile ed esclusione irrevocabile (…) ed evoca un’insonnia piena di incubi”.
Ciò che colpisce maggiormente nello spettacolo (oltre alla padronanza della scena dimostrata dai tre dei più autorevoli attori italiani in circolazione) è la assidua ricerca della verità ovvero la volontà chiarificatrice dell’incontro, concetto che stride e si contrappone a quei Principi di Indeterminazione e Complementarietà (figli della teoria della relatività) pronunciati più volte nello spettacolo, come se il primo aspetto rivelasse quanto di umano si cela dietro l’aspetto algido di una formula matematica e del suo teorizzatore.
Probabilmente dobbiamo arrenderci dinanzi al fatto che non esiste una verità assoluta, a prescindere dal punto di vista assunto e dalle considerazioni in merito fatte, proprio a causa di quel “nucleo di indeterminatezza che sta nel cuore delle cose” di cui parla Heisenberg.
Articolo a cura di Silvia Bonelli